Mantova e i suoi misteri

Mantova, città dell'arte rinascimentale nella vecchia e palustre area della Pianura Padana, ne conserva la superbia per volere dei Gonzaga, ma cela già nel nome un affiliazione con il mistero e l'esoterismo.

Il mito narra che la fondazione della città è legata alle vicenda della profetessa Manto
Fuggita da Tebe, si insediò nell'attuale zona della provincia lombarda e dalle lacrime che i suoi occhi piansero creò un lago, le cui acque avevano proprietà benefiche in grado di conferire doti profetiche a chi le beveva. 
In seguito all'unione con Tybris nacque Ocno che costruì la città lungo il Mincio e la chiamò Mantua, in onore della madre.

"Fer la città sovra quell'ossa morte; 
e per colei che 'l loco prima elesse, 
Mantua l'appellar sanz'altra sorte"
(Dante Alighieri)

Secondo un'altra sinistra teoria, Mantova trae l'origine del suo nome da Manth, dio etrusco e Signore dei morti del pantheon tirreno.
Se si vuole iniziare con il brivido, i primi luoghi cittadini da visitare sono Palazzo Ducale e l'adiacente Castello di San Giorgio
Qui la storia ci riporta nel lontano 1300, alla triste e macabra sorte toccata ad Agnese Visconti, figlia di Bernabò Visconti e moglie di Francesco Gonzaga. 
Suo l'ingrato compito di consolidare i rapporti tra le due più potenti di famiglie di Milano e Mantova. Ma un giorno, in seguito all'uccisione di Bernabò per mano del cugino Gian Galeazzo che usurpò il comando, Agnese, decise di andar contro gli interessi del marito, provata dal dolore e dal desiderio di vendetta. 
Cogliendo l'attimo propizio, anche in virtù del fatto che la moglie non riusciva a dargli un erede maschio, Francesco premeditò di eliminare Agnese. 
Processandola ingiustamente con l'accusa di adulterio, la mattina del 7 febbraio 1391 venne decapitata e sepolta in terra sconsacrata.
Forse per questo, il fantasma di Agnese si aggira per la piazza e il Castello, senza trovare pace. 
Numerosi testimoni, nel corso degli anni, giurano di aver sentito una donna lamentarsi, e di aver visto di notte, tra le finestre del Palazzo e del Castello, una luce spettrale salire e scendere dalle stanze. 
All'interno dell'enorme complesso architettonico (stupendo dal punto di vista artistico), sono due le camere che presentano simbologie misteriose. 
La prima è la stanza del Labirinto, sul cui soffitto ligneo troneggia per l'appunto un labirinto. Esso è senza vicoli ciechi e tutt'intorno spiccano in oro scritte fatte incidere da Vincenzo Gonzaga in memoria della battaglia che egli stesso affrontò contro i Turchi. Prima di raggiungere la formella centrale, punto di arrivo di un percorso che rappresenta la salvezza di una vita individuale, e forse, di un'intera società, viene ripetuta la frase "Forse che sì, forse che no", coniata da D'annunzio per esprimere perplessità su un'esistenza terrena che difficilmente riuscirà ad avanzare nel migliore dei modi verso la Luce...
La seconda è la camera degli sposi affrescata da Andrea Mantegna
Nel ciclo di affreschi che ricopre le pareti ed il soffitto è nascosto un inspiegabile ritratto;
Un volto che fa capolino tra il fogliame di un finto pilastro.
Si tratta di un piccolo monocromo identificato come autoritratto del pittore stesso. 
Ma cosa voleva dimostrare il Mantegna? E' la sua firma? E' una forma di narcisismo? O ha voluto occultare qualcos'altro? 
Entriamo in ambito più mistico, mischiando Leggenda e Fede, e spostiamoci nella piazza omonima dove sorge la Basilica di Sant'Andrea Apostolo
Al suo interno vi son conservate preziose reliquie: i Calici con il sangue di Cristo
Longino, il centurione pentito di aver trafitto il costato di quell'Uomo sulla Croce che l'aveva guarito da un'infermità, riconosce in Lui un potere divino e ne raccoglie il sangue sgorgato dalla ferita.
Porta le reliquie a Mantova, e prima di essere perseguitato e sottoposto al martirio le sotterra proprio nel punto in cui oggi si può contemplare la cripta contenente i sacri calici.
Fuori le mura di Mantova, invece, c'è un piccolo borgo, una frazione chiamata Grazie la cui bellezza sta tutta nel Santuario dedicato alla Beata Maria Vergine.
In realtà, anche in questa zona la Fede cristiana si è unita a diversi culti pagani, in quanto i contadini che secoli fa vivevano solo di raccolti, pregavano gli dei affinchè le acque continuassero a rendere fertili le loro terre, e non venissero colpiti da pestilenze e malattie.
La prima presenza che accoglie i visitatori nel Santuario del mistero è un coccodrillo
Non un modellino, bensì un coccodrillo vero ed imbalsamato che penzola dal soffitto al centro della navata.
Questo animale, promiscuo ai draghi e alle serpi, veniva associato al Male e considerato la personificazione terrena del Diavolo. Animale che induce al peccato.

Averlo appeso in Chiesa, quindi, gli conferiva un forte significato simbolico. Voleva dire renderlo innocuo, bloccare tutta l'energia maligna e renderlo da monito per tutti i fedeli che, da semplici umani, sono predisposti all'errore. 

Come ci sia giunto, comunque, non è dato sapersi con certezza.
Una teoria sostiene che il coccodrillo sia fuggito da uno zoo esotico privato di proprietà dei Gonzaga, un'altra di natura miracolosa che il rettile abbia assalito due barcaioli sul Mincio e uno di loro, chiedendo l'intervento divino, sia riuscito ad ucciderlo.
Complessa una terza ipotesi riconducibile all'Ordine dei Francescani Minori Osservanti, all'alchimia medievale che attuavano e a dei versetti dell'Apocalisse
Oltre al coccodrillo, però, la Chiesa offre altre ed inquietanti curiosità. Su un'impalcatura lignea sono allineate 55 statue che formano una sublime sequenza di orride figure
Rappresentano tutte dei personaggi scampati a situazioni disastrose per Grazia Ricevuta, Voti e Miracoli. 
Solenni le frasi sotto ad ogni Grazia, come quella per l'impiccato: "Io veggo e temo ancor lo stretto laccio; ma quando penso che tu l'hai disciolto, ribenedico il tuo pietoso braccio"
E quella per il ghigliottinato: " Per mio delitto condannato a morte, e invano datomi un colpo il giustiziere l'altro sostenne por tua destra forte".

INFORMAZIONI PRATICHE
Al pari di qualsiasi altra grande città, il suggerimento è di parcheggiare l'auto fuori dal centro e poi seguire l'itinerario a piedi. 
Comodi parcheggi in Mantova si trovano proprio lungo le mura esterne, in viale Mincio.

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