Sunday Bobbio Sunday

Cari lettori,
oggi vi vogliamo parlare del paese in cui abitiamo, Seveso.
Situato nel cuore della Brianza, a metà strada tra tre province della Lombardia (Monza, Milano e Como), conta circa 23000 abitanti, ma.... ma che stiamo facendo???

Voi sul serio avete pensato vi volessimo parlare di Seveso? Di memorie trite e ritrite sulla diossina e di strade talmente sgarrupate che manco nei sobborghi di Calcutta se ne trovano cosi?
Suvvia, siamo seri!

Vi vogliamo parlare, sì, di un borgo dalle modeste dimensioni, però prezioso come un gioiello e che nasconde nelle sue mura una storia unica e affascinante.

Siamo sulla strada per Bobbio, crocevia fondamentale per addentrarsi nell'appennino piacentino o per virare improvvisamente verso il mare in direzione Genova.
Alla guida della nostra "Letizia" ci sentiamo due monaci zen con una fortissima carica spirituale, convinti che almeno là nessuno ce le avrebbe frantumate, essendo un paese raccolto, emblematico, e al di fuori di ogni sollazzo.
Invece non bisogna mai fare affidamento sul buon senso degli altri. Una giornata è bella soltanto se si pretende che sia bella, se la si vive alla leggera e se si resta concentrati sui propri obiettivi ignorando la gente intorno, parecchio irritante.
Purtroppo per noi non siamo cavalli a cui si può metter su i paraocchi; anche in viaggio conviviamo con i giramenti di ammennicoli, perchè le persone le vediamo e, dopo un minuto, escono le prime imprecazioni che fa sfumare la nostra consacrazione.

Vi risparmiamo le nostre beeep mentali, e finalmente entriamo in Bobbio, pronti a regalarvi ciò che pazientemente avete atteso di leggere fino a qui.

Dunque, a Bobbio vi trascorse parte della sua vita un santo che santo lo era per davvero; San Colombano. Nato in Irlanda quasi un secolo dopo San Patrizio, divenne monaco ed asceta nel monastero di Bangor appassionandosi agli studi di scritti antichi.
Il desiderio più profondo di San Colombano era quello di poter diffondere la fede cristiana oltre i confini e oltre la sua Irlanda.
Bobbio e l'Irlanda, in effetti, sembravano mondi lontani anni luce, ma l'incessante peregrinare di Colombano lo spinse dall'Europa fino in Italia, con l'intenzione di fermarsi a Roma da papa Bonifacio IV.
Tuttavia la regina Teodolinda lo bloccò prima di giungere a Roma, concedendogli la costruzione di un proprio monastero in una zona di confine tra il regno Longobardo e la Liguria controllata da Bisanzio.
Inutile dire che si trattava proprio di Bobbio.
San Colombano iniziò i lavori, ma non sopravvisse a lungo, tant'è vero che gli adattamenti che ancora possiamo ammirare risalgono ad anni successivi.

Percorriamo il centro storico rapiti dal perfetto connubio tra vecchio e moderno, e non ci stupisce che il paese fu scelto come luogo ideale per erigere un monastero. Salvo schiamazzi infantili, tutto il resto tace, assopito sotto una coltre di misticismo ed estasi.
In diversi tratti si intravede il fiume Trebbia, con l'acqua cristallina e di un colore indescrivibile che molto spesso pare farsi risucchiare dalla terra, per poi riemergere poco più avanti.
Lo sovrastano parecchi ponti lungo il suo corso, però ce n'è uno che unisce l'esterno al cuore di Bobbio ed è chiamato Ponte Gobbo o Ponte del Diavolo.
La visuale dal ponte è una delle più belle da cui si può godere dello skyline della cittadina, mentre si cammina da una parte all'altra in silenzio, con in mano la nostra fedele Nikon. Non pare sia il caso scattare foto, ma soltanto pensare ai motivi di cotanta stranezza architettonica.
Stranezza dovuta al fatto che il gigante medievale è formato da ben 11 arcate tutte irregolari. Di solito gli archi romani presentano semicerchi perfetti, o quasi, questi invece oltre ad essere asimmetrici variano di grandezza.

Ci chiediamo se, chi lo costruì, immaginò proprio un disegno cosi particolare, oppure se non esista una spiegazione razionale e quindi si debba prendere in considerazione la leggenda che ruota intorno all'origine del ponte. 
Ansioso di approdare a Bobbio per iniziare la sua opera di evangelizzazione, San Colombano si trovò davanti il Diavolo in persona che ne ostacolò il passaggio. Non c'era tempo di fare il giro largo, come oggi si suol dire, né di affrontare la Bestia cattiva e altrettanto sciocca, così pensò che un ponte in grado di sovrastare il fiume e collegare le sponde della valle era la soluzione migliore, ma per farlo velocemente scese a patti proprio con il suo avversario. Promise al Diavolo che gli avrebbe offerto la prima anima di passaggio sul ponte, se fosse riuscito ad edificarlo in una sola notte. Il Diavolo stuzzicato tentò l'impresa e chiamò 11 demoni di diverse dimensioni per aiutarlo a sorreggere gli archi del futuro ponte. Il lavoro non venne "perfetto", ma almeno fu completato entro i limiti. Il primo individuo ad attraversare il ponte fu un cane, con sommo dispiacere del Diavolo. Non si sa se a sacrificare un animale piuttosto che un essere umano fu opera di San Colombano, l'unica cosa accertata è che il Diavolo si impossessò lo stesso dello sventurato cucciolo perchè una notte, dopo la morte del santo, cercò di trafugarne le ossa dalla cripta, e sul pavimento lasciò le impronte di zampe canine.
Al di là del Duomo e del Castello Malaspina, bellissimi da visitare e immortalare, lasciamo che sia San Colombano a farci da guida in tappe insolite e all'insegna dell'esoterismo.
Tutto ciò ci piace molto!
Con un caldo pazzesco sebbene in realtà sia già metà settembre, cominciamo ad evitare i soliti sguardi incuriositi dei passanti e facciam finta di non vedere chi banchetta e gonfia canotti sulla "spiaggetta" del Trebbia, sotto il ponte Gobbo, scambiando quel luogo sacro per un villaggio vacanza. D'accordo, può darsi non sia vietato, ma secondo noi non è giusto bivaccare dove attrazioni storiche, religiose e culturali sono li per insegnare un passato che non c'è più, e non per compiacere turisti squattrinati che vogliono "passà 'a giurnata".
Convinti ormai di stare in un mondo alla rovescia, ci dirigiamo all'Abbazia di San Colombano.
Ritorna il sereno dentro il nostro cuore e ci prendiamo tutto il tempo necessario per ammirare esternamente la struttura prima di entrare ed essere sopraffatti da un'emozione irrefrenabile.
Il portale d'ingresso reca la locuzione latina "Terribilis est locus iste", di soggettiva interpretazione. Di primo acchito la frase starebbe ad indicare qualcosa di "terribile" celato all'interno del medesimo luogo, ma la perifrasi corretta è contenuta nella Bibbia, Antico Testamento, ed ha tutt'altra valenza. "Terribile" non significa spaventoso, bensì reverenziale. L'Abbazia è "La Casa di Dio" per eccellenza, per tanto bisogna interagire con essa in punta di piedi e con rispetto.
Dunque, direte voi, ogni chiesa dovrebbe arrecare questa scritta; perchè non è cosi? è vero, ci siamo posti la stessa domanda. La risposta crediamo stia in un'altra interpretazione che considera "terribili" i luoghi sacri in cui si custodiscono davvero dei segreti, magari icone simboliche, oggetti materiali o disposizioni precise di statue che se analizzate e decodificate, sanno rivelarci le Verità. 
Caposaldo di tale teoria è la famosa chiesetta della Maddalena a Rennes-Le-Chateau in Francia.
Dentro alla Basilica è un crescendo di sensazioni inquietanti che danno brividi, e non può essere altrimenti al cospetto di un Santo che annovera, tra gli episodi della sua vita, lo scontro con un dragone lacustre (pare si tratti di un certo Loch Ness), rituali d'esorcismo e battaglie con mostri fantastici.

Come detto in precedenza, fu Colombano a volere il complesso monastico e un conseguente ampliamento del cenobio, ma è a partire dalla sua scomparsa che l'Abbazia fiorì, toccando l'apice dal IX secolo in avanti. Con la soppressione napoleonica, intorno al 1800, il monastero chiuse i battenti e venne messo all'asta. I locali conventuali furono acquistati da privati e attualmente sono di proprietà del comune.
Vi sono ancora presenti la torre campanaria, l'absidiola, uno splendido mosaico pavimentale ed una cancellata.
E' esattamente questo mosaico pavimentale ad essere considerato un altro degli enigmi nascosti di San Colombano.

Scendiamo le scale laterali al di sotto del presbiterio, ove ad attenderci c'è una cancellata in ferro battuto avvolta nella semi oscurità, che rende spettrale un vano ipogeo a prima vista vuoto ed insignificante. Quando i nostri occhi si abituano alla penombra, tasselli di mosaico affiorano dal suolo componendo immagini al contrario rispetto alla nostra posizione e per questo ci occorrono diversi minuti per osservarle bene, mentre un tempo non era affatto così. Prima degli scavi del 1900, i pochi pezzi emersi si potevano osservare dritti, trovandosi nella navata centrale alla mercé di tutti gli avventori.
Decifrarle tutte è impossibile. Primo perchè ancora incomplete, secondo perchè non è possibile nemmeno avvicinarsi un po', oltre che vederle dritte, e le scene cambiano di colpo senza un tema preciso.
Delle spiegazioni sono affisse alla parete per coloro che volessero conoscere qualcosa in più, ma è meglio affidarsi a qualche scatto personale e studiare a tavolino ciò che si è potuto fotografare. Gli enigmi attirano appunto perchè sono opinabili, non credete? Può darsi che le spiegazioni siano superficiali oppure lontane da quel che in vero volevano trasmettere gli artefici medievali.

Le scene sono distinguibili in ampie sezioni divise da decorazioni geometriche, ma a noi ci hanno incuriositi due immagini in particolare. Quella del drago che richiama alla lotta di San Colombano e i due cavalieri in sella ad unico cavallo, agghindati con armature e scudi bicolore che tanto ricordano i Cavalieri dell'Ordine Templare.
Sorvolando un attimo sulle nostre doti di investigatori del paranormale, diamo le spalle al mosaico e accediamo, tramite una porta a vetri, alla cripta. Qui, dentro un magnifico sarcofago, è sepolto San Colombano. Giriamo intorno all'arca senza nessuna fretta, siamo soli e la quiete ci spaventa. I clic della digitale risuonano di un eco sinistro che ci fa accapponare la pelle, ma sappiamo di essere protetti dal Santo e da tutte quelle immagini iconografiche scolpite nel marmo bianco che rievocano vicende miracolose.
Hanno un nonsoché di rassicurante, capace di infondere una sensazione benessere, in netto contrasto con l'ambiente circostante. 
Usciamo dall'Abbazia con il sole ancora alto nel cielo che ci desta dal torpore intimo in cui eravamo piombati e anche il nostro corpo si riaffaccia alla cruda realtà. 
Ci inoltriamo verso il centro del paese per una passeggiata rigenerante. Il flusso di turisti purtroppo comincia ad aumentare, sorprendentemente, e con esso accresce il disagio di essere al centro dell'attenzione, e persino pretendere un gelato diventa un'impresa eroica ai limiti della pazienza. 

(ndr: se volete assaggiare uno dei gelati più buoni del piacentino, vi consigliamo la gelateria "Il Barone" nel corso principale di Bobbio. Gli ingredienti adoperati sono naturali e li si sente dalla consistenza del gelato, cremoso e pieno. I gusti, poi, son ben bilanciati e innovativi. Accanto a quelli più comuni, ce sono tanti originali e squisiti come il gelato al sale dell'Himalaya o il gelato ai sapori di Provenza, giusto per citarne un paio.) 

Girare per il centro storico è molto semplice, e non ci si mette molto ad andare da Piazza Duomo verso le altre piazze. Sono ricche di negozi e case dall'aspetto ordinario, ma perdersi nel dedalo di viuzze laterali, specie quelle che salgono verso il Castello dei Malaspina, significa incastrarsi nel medioevo ed è d'obbligo immortalare scorci veramente graziosi. 
A proposito dei Malaspina, un' ultima chicca riguardo Bobbio dobbiamo dirvela: avete presente il celeberrimo dipinto di Leonardo da Vinci "La Gioconda"? Ovvio, è forse il quadro più famoso nel mondo, ma avete presente ciò che vi è raffigurato dietro Monna Lisa? A guardar bene si intravedono delle montagnette ed un ponte... beh, secondo studi scientifici (accreditati o meno, non lo sappiamo) sembrerebbe il ponte Gobbo!

Il merito della scoperta va assegnato ad una ricercatrice savonese, Carla Glori, che nel 2015 ha avallato questa tesi ed identificato la Gioconda nella persona di Bianca Giovanna Sforza.
Questo perchè Bianca, nel 1496, sposò Gian Galeazzo Sanseverino, signore di Bobbio. 
Ma Leonardo, per aver rappresentato il paese così nel dettaglio, vuol dire che ci si trasferì per un breve periodo e magari che soggiornò al castello, da cui si godrebbe lo stesso panorama del quadro.
Grazie all'aiuto di sofisticate apparecchiature, la Glori scannerizzò il dipinto estrapolando tre indizi: la lettera S nella pupilla destra della Gioconda, riconducibile alla casata degli Sforza, la lettera L nella pupilla sinistra, iniziale della firma dell'artista, e il numero 72 sotto un'arcata del ponte.
Tale numero, contenuto nella data 1472, venne inserito da Leonardo probabilmente per ricordare una tremenda piena del Trebbia che distrusse parte del ponte in quell'anno.

Ci pensate? Se tutto ciò fosse vero sarebbe un bel colpo per Bobbio e per le attività commerciali, ma più una seccatura per noi che dovremmo subire frotte di turisti spinti lì soltanto dalla "fama" del luogo. 

Per il momento godiamocelo così com'è, e speriamo che Bobbio riesca a conservare anche negli anni a venire questa bellissima anima poetica, fermo restando che tutto rimanga per sempre un mistero.

BOBBIO IN PILLOLE
- periodo migliore: tutto l'anno
- durata media: gita d'un giorno
- difficoltà: 1/5
- accessibilità: pavimentazione medievale traballante, ma in carrozzina è tutto godibile  



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