Monforte d'Alba, baluardo cataro d'Italia

Lasciatemi raccontare la storia
di un sangue bevuto dalla mia terra.
Lasciatemi raccontare la storia
di una volontà di ferro,
di una gioventù passata,
di una libertà voluta,
del vecchio sogno disperato,
Di una libertà perduta.

Cosi recitano le parole di una canzone scritta nel 1972 del cantautore occitano Claude Marti.

E proprio di Montségur ne avevo sentito parlare fin dalla mia adolescenza, credendo fosse l'ultimo e unico baluardo di una teologia ancestrale, per certi versi estremista e ormai perduta, basata sull'amore verso Dio, nella sua totale essenza spirituale.

Sognavo di scalare le pendici dei Pirenei e sfiorare le pietre dell'inespugnabile rocca affinchè un trovatore mi raccontasse la triste storia dei Catari, il popolo albigese appartenente al più celebre movimento eretico del Medioevo, contro cui papa Innocenzo III, nel 1244, lanciò una sanguinosa crociata, nonostante anch'essi fossero cristiani.

Invece ho scoperto che non c'è bisogno di spingersi fino a Montségur. Ho scoperto che anche noi in Italia possediamo uno di quelle che, ai tempi, fu rifugio dei Catari, i "puri", addirittura risalente a 200 anni prima che avvenisse la strage ufficiale perpetrata ai loro danni.

Siamo fra gli anni 1027-1028 mentre per noi è un soleggiato pomeriggio di aprile 2018 e lo scenario è il piccolo centro urbano di Monforte d'Alba.
L'appena nato movimento dei Catari stava a poco a poco impossessandosi del Piemonte, quando scelse Monforte come nucleo eretico di tutto il territorio per via di un poderoso castello, mentre noi per trovare (a paragone) una futile panchina gigante.
Qui i Catari potevano professare liberamente la dottrina caratterizzata da una concezione dualistica della realtà. Secondo loro all'origine dell'universo stavano due princìpi coeterni e antitetici: il Bene ed il Male, Dio e Satana, Spirito e Materia. L'obiettivo era quello di elevare l'uomo verso lo Spirito attraverso un'esistenza priva di peccati, considerando materia, quindi malvagia, ogni forma di tentazione; dal cibo al sesso, al superfluo in generale, fino ad infliggersi pene anche mortali allo scopo di liberare il proprio corpo dalla materialità.
Ovviamente, la profonda abnegazione, il coraggio con cui affrontavano ogni tipo di sofferenza che li contrapponevano alla Chiesa di Roma, tanto opulenta quanto corrotta, esercitarono un fascino intenso sulle classi meno abbienti che vedevano nei "perfetti" un'alternativa alla Salvezza. 

Noi parcheggiamo la macchina nell'unico posto disponibile nella piazzetta principale, di fronte il municipio, in quello che, ad oggi, da l'impressione d'essersi trasformato in uno dei borghi più importanti delle Langhe e tra i maggiori produttori di vino, come il Barolo.
Non è scomparsa l'aura medievaleggiante del luogo, sebbene siano state smantellate tutte le tracce dei catari, castello compreso, divenuta una dimora signorile nei secoli rimaneggiata.
La nuova via Circonvallazione che dalla parte bassa del paese ci conduce in salita verso il nucleo vecchio di Monforte, credo abbia sostituito un antico pezzo della via Magistra Langarum, che trovò nel forte il blocco granitico che proprio i Catari eressero a difesa e disprezzo nei confronti del Papa e dell'Imperatore franco Corrado Il Salico, che per scendere a Roma optò per questa strada. Con l'aiuto di frati benedettini, dell'allora arcivescovo di Milano Ariberto d'Intimiano e del vescovo di Asti Alrico, assediò il picco catturando quasi tutti gli eretici, deportandoli poi a Milano in condizioni di prigionia nella speranza che abiurassero la loro fede.
Caparbi nello svolgersi del processo, in pochi riabbracciarono il cristianesimo canonico della Chiesa e in moltissimi si gettarono nelle fiamme dei roghi, bruciando vivi.

Questo episodio rappresenta di fatto un mistero, in quanto precede di oltre duecento anni la vera persecuzione del movimento dei catari, che come dicevo all'inizio, si acuì nel 1244 con il massacro di Montségur. 
I pochi superstiti, dopo il rogo di Milano, si convertirono oppure riuscirono a scappare in Francia, e Monforte diventò un tranquillo feudo in mano a signorotti e fedele alla diocesi di Asti.

Ciò che osserviamo dall'alto dello spiazzo, ove vi è collocata la panchina gigante, è uno skyline perfetto anche se purtroppo ricostruito, con un'immensa distesa di vigneti e un agglomerato di case in pietra a bordo di vicoli acciottolati.
A ricordo del movimento c'è soltanto un'osteria, ma è un chiaro segnale da parte degli abitanti di voler onorare i coriacei catari e Berta, che fu una contessa locale, arrestata insieme agli altri per aver abbracciato gli ideali eretici. 
Mantenere il senso dell'orientamento a Monforte d'Alba è un gioco da ragazzi. Al contrario di tanti borghi è abbastanza lineare e per chi non riesce a "tagliare" attraverso brevi scalinate, vi è un'unica possibilità d'esplorarla: percorrere via Circonvallazione in compagnia di poche auto ed immettersi nei vicoli pedonali laddove indicato dai cartelli.

Dal 1600, il paese gode di poche ma significative attrazioni. Su tutte, la splendida chiesetta dedicata a Sant'Elisabetta situata sul piazzale di via del Carretto e annesso l'Auditorium Horszowski.
L'Auditorium è un anfiteatro ricavato dalla pendenza morfologica naturale del terreno. Scherzosamente viene il dubbio se i gradoni siano stati costruiti sul prato, o il prato ad essere piantato sui gradoni!
L'acustica perfetta, tuttavia, gli conferisce un'importanza nazionale a tutto tondo, ospitando artisti di grande spessore per concerti di musica leggera e jazz e famose rappresentazioni teatrali. 

Dietro ad esso svetta ancora la Torre Campanaria, muta testimone del castello cataro, più volte restaurata. La sommità, cuspidata, addirittura presenta le caratteristiche del gotico, e ai suoi piedi un gruppo di "pic-nic-chettari", bimbi starnazzanti figli dell'era moderna e di genitori scellerati, che se solo avessero in cuore una fede, una qualsiasi fede, forse imparerebbero ad avere rispetto del nostro passato e del nostro futuro...
Sic transit gloria mundi

Ecco l'ora della disfatta.
L'idea brucia sul rogo.
Qui l'Alba della vittoria
conduciamo la vostra lotta oggi.
Minoranza contro gli Imperi
Indiani di tutti i colori
decolonizzeremo la terra,
Montségur, t'innalzi dappertutto!

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Commenti

  1. Una nuova tappa " misteriosa" da sommare alle altre. Bellissima!

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    1. Calcola soltanto un paio d'ore per la visita di Monforte, quindi accorpala come meta insieme ad altri paesini delle Langhe. La sua storia è comunque molto molto interessante! Ciao Sara :)

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    2. Direi che lo e'!😍
      Ho anche letto quello sulle panchine giganti. E commentato. Ma e' stato inviato????? A me risulta di no....🙈

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