I ricami di Cicmany


Se qualcuno mi chiedesse: "dove ti senti a casa? quali sono le tue radici?", io non saprei cosa rispondere.
Ho vissuto in diverse regioni e ognuna ha contribuito a formare la ragazza che sono. Quindi probabilmente risponderei: "la mia casa è ovunque! la mia casa è l'Italia intera e, da quando sto con Andrea, la mia casa è anche l'Europa".
Non di meno sento mia persino la Slovacchia.

Quì sono venuta a conoscenza di una particolare tradizione che m'ha introdotto una nuova meta, con l'emozione di sentirmi sua parte integrante.
Fin dalla nascita si pretende che i neonati vengano avvolti in una pelliccia nella speranza che crescano loro capelli ricci come segno ben augurante, che i bambini piccoli abbiano un martello e una pinza in modo che imparino presto il mestiere di vetrai, e che un ago da ricamo venga appoggiato nei bagni delle ragazze per garantire loro un futuro da abili ricamatrici.

Ecco, anche io essendo originaria del sud, sono cresciuta portando dentro di me tante convinzioni popolari, usi e costumi tramandati nei secoli, e naturalmente il ricordo di mia nonna, la sera giù in Puglia, dedicarsi al taglio e cucito.
Sarà proprio di fronte alle case di Cicmany che rispolvererò quell'immagine, mentre osserverò estasiata i loro "ricami", molto simili alle trame dei centrini da tavola.
io e Andrea decidiamo di andare a Cicmany per scoprire una delle realtà più intime, poichè si fa presto a dire di conoscere uno Stato soltanto dopo aver visto la capitale. A tanti capita di affermarlo, ma noi sappiamo che non è cosi. Uno Stato si lo impara a conoscere, appunto, esplorando i paesi seppur microscopici, osservando quella gente che, nonostante tutto, ha deciso di non abbandonarli.

Da Bratislava, quindi, raggiungiamo il paese delle dimore "color pan di zenzero" in un paio d'ore, con la bella vista dei Piccoli Carpazi a tenerci compagnia durante il tragitto. Nel distretto di Zilina il cielo è plumbeo, a tratti piovoso, eppure non ci demoralizza; montiamo subito la taga elettrizzati dal momento in cui stiamo per scoprire le bellissime abitazioni.

Centinaia di anni fa, per motivi ancora sconosciuti, gli abitanti incominciarono ad ornarne le facciate esterne mediante l'iconografica rappresentazione di forme geometriche astratte, animali, frecce, trifogli, croci e cuori; probabilmente con un significato ben preciso, ma che purtroppo non riusciamo a carpire.
La sfilza di disegni dona al villaggio l'aspetto di una riserva d'architettura storica, potendo contare su 140 incantevoli casette, risalenti alla seconda metà del 1200, e delle decorazioni di ammirevole utilità, essendo composte da una vernice bianca a base di calce adatta a proteggere il rivestimento in legno dal decadimento naturale.

Le immagini brillano davanti ai nostri occhi, nonostante la pessima giornata, ed è soltanto a causa di mere questioni tecniche che le fotografiamo seriosi, come per esempio alcune strade in salita faticose da percorrere con una carrozzina/bici a carico, la pioggia ed anche un senso di inquietudine. 
Non vediamo, infatti, volare una mosca, però in compenso un improvviso ruggito di motosega squarcia il silenzio, spaventandoci a morte, tanto da correre verso la via principale, lontani dal presunto Leatherface.

Poco dopo rifacciamo capoccella, quatti quatti, forse attratti dalla improbabile situazione horror, e constatiamo fra il sollievo e i brividi che un abitante sta prendendosi cura del suo giardino... pericolo scampato!
Sebbene ci attanagli il sospetto d'essere considerati degli intrusi anziché dei viaggiatori in visita, continuiamo a gironzolare stando bene attenti a non violare la privacy di qualcuno degli altri 199 cittadini di Cicmany. Ci sono pochissime insegne, infatti, a distinzione delle decine e decine di casette ricamate, tra quelle private a quelle adibite a locali pubblici.

I vicoli sembrano così trasformarsi in un aggrovigliato sistema di sicurezza a laser, dentro cui basta un solo passo falso per far scattare l'allarme generale.
In punta di pedali giungiamo alla fine del paese stupefatti nel notare che anche la chiesa è ricca di fregi bianchi. Chi l'avrebbe mai detto? Un edificio di culto che non si astiene ai riti profani è tanta roba, dico sul serio, a meno che...dietro i simboli "ricamati" ci siano significati più profondi, magari sacri?
Non penso lo sapremo mai, salvo riuscire ad intervistare un cittadino oppure tradurre l'unico pannello presente, su cui pare sia riportata la legenda completa dei simboli. Lì per lì ogni idea per noi è una missione impossibile, smarriti come siamo sotto l'imperterrita pioggia che da ore scende fastidiosissima.
Sappiamo solo che qualcosa c'è e avevamo ragione!

Grazie ad una foto rubata al cartellone abbiamo la speranza di poter tradurre a casa la didascalia, con più calma, ma intanto lasciamo Cicmany pieni di interrogativi.
Al termine della zigzagante strada nei boschi, sostiamo 5 min in una cittadina "vicina", accorgendoci entusiasti dell'eco che il villaggio ricamato sprigiona anche a più di 30 km di distanza, ed è in un normale negozio di souveniry che riceviamo una risposta ai quesiti, in maniera del tutto inaspettata.

Spulciando le tante cartoline esposte evinciamo l'uso originario dei ghirigori sulle abitazioni, gli stessi utilizzati per adornare i vestiti durante una festa tipica slovacca.
In questa manifestazione era ed è d'uopo suonare uno strumento proveniente dalle regioni centrosettentrionali della Slovacchia; il Fujara, una specie di flauto lungo dai 120 ai 200 cm, tenuto saldamente in mano dai pastori d'un tempo, a guisa d'un contrabbasso dal design unico.

Le nostre dita scivolano sulle cartoline quasi a voler trattenere ancor più a lungo il riverbero di quell'eco e la memoria di un paese che si è cucito addosso pure a noi come un abito.
...Ciao Cicmany...dove tu ci hai strappato il cuore...



Commenti

  1. Che racconto romantico ( infarto horror a parte😂)

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    1. Di solito scriviamo quando siamo ispirati, e Cicmany ci ha davvero stupiti in positivo! 😊

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