Una Trencin d'acqua dolce


Oggi non so spiegarmi perchè ho voglia di dolce.
E se penso a un dolce mi viene in mente la Slovacchia, l'ultimo tour on the road estivo. So che appare un paragone incomprensibile, ma il fatto che la Slovacchia abbia avuto su di noi un effetto devastante dal punto di vista emotivo, me la fa immaginare come una torta dai mille ingredienti. Una crosta dura e secca, un impasto più soffice, e un cuore di un'altrettanto amara crema.

Vi va di assaggiare con noi un pezzo di Slovacchia? Sì? allora il "trancetto" che vi offriamo è una cittadina che si chiama appunto Trencin.

Non appena arriviamo il nostro pensiero è quello di cercare un posto auto. I parcheggi sono un disagio e benchè muniti di contrassegno disabili, fin da Bratislava abbiam capito di non capirci nulla...scusate la ripetizione.

Dopo aver circumnavigato 3 volte l'unica rotonda presente, che Magellano spostati, decidiamo di parcheggiare un metro prima del centro storico, sperando che almeno lo stallo per handicap non sia a pagamento.

In bici nell'arco di 10 sec si è in piena zona pedonale, una lunga via commerciale che gli abitanti chiamano comunque "piazza". Tenendo gli argini del fiume Vah alle nostre spalle ci affacciamo nella Mierove Namestie, contenti della bella giornata e dal calore emanato dall'ambiente, tranquillo, ma sotto sotto giocherellone.

La maggior parte delle case possiede il classico aspetto mitteleuropeo; abbastanza basse, regolari, colorate non all'eccesso. Questo, però, ci permette di osservare sulla collina l'imperioso castello in difesa della città.
Una delle poche volte che desideriamo vedere una rocca/museo dall'interno, scopriamo che per noi è inaccessibile. Infatti per raggiungerla bisogna superare una scalinata direttamente dal centro della piazza e poi affrontare una strada in salita. Non è la strada ad impensierirci, figuriamoci. Sono le scale e l'assenza di un posto sicuro dove lasciare la bicicletta.
Rinunciando alla mostra espositiva sui draghi, nostro vero interesse, spulciamo qualche depliant a puro scopo informativo.
Più che il castello in sé, privo di trascendentali bellezze, sarebbe stato intrigante vedere il pozzo dell'amore.
Il pozzo, profondo 70 metri, racchiude una storia d'amore tra il turco Omar e la bella Fatima, in due versioni di poco discordanti.
La più cruda considera Omar, oltre che un ricco pashà, un pazzo che imprigionò la ragazza nel pozzo poichè non corrisposto. Quella più tenera invece prevede che sia stato il palatino del Regno d'Ungheria, Stefan Zapolsky, a tener segregata la bella Fatima, e ne promise il rilascio all'innamorato Omar a patto che questi avesse scavato per lui la dura roccia fino a trovare l'acqua e costruire un pozzo. Ad Omar ci vollero ben 3 anni per ultimare i lavori, al termine dei quali per fortuna Zapolsky tenne fede alla promessa e liberò Fatima. Mentre i due giovani scappavano, a Fatima cadde il velo che svolazzando indietro ricoprì un cespuglio di rose. Fu l'unico cimelio della ragazza rimasto a Trencin.

Nel frattempo in città venne inaugurata una locanda che nel corso degli anni cambiò nome da "Il velo" a "Fatima".
Un pochino abbattuti esploriamo il nucleo storico, non privo di altre particolarità. Il monumento che si erge in mezzo alla piazza è una colonna barocca risalente al 1712, dedicata alla Santa Trinità, ma per tutti è ormai il simbolo commemorativo ai morti per l'epidemia di peste che colpì la città due anni prima.
Ad essere onesti non ci sconfinfera granché, forse perchè abitando alle porte di Milano conosciamo già molto bene le tristi vicende legate alla peste, raccontate pure nell'eccellente romanzo dei Promessi Sposi.
Al disagio del castello si aggiunge la delusione nel trovare la Chiesa di San Francesco Saverio parzialmente nascosta dalle impalcature.
Servono, ok, però quanto sono odiose? limitano la visuale ed impediscono ai soggetti d'essere fotografati come meritano.

Per questo, dunque, viriamo le nostre attenzioni sulla sinagoga, un'elegante costruzione dell'architetto Richard Scheibner del 1913.
I suoi elementi hanno un nonsoché di orientale, moresco e Bizantino e la sua presenza insieme alla Porta Turca, Mestska Veza, contrassegnano il confine tra la Mierove Namestie e la Sturovo Namestie, la seconda grande piazza di Trencin.
Soltanto dopo aver attraverso la porta Andrea mi sussurra: "Allora mi ami veramente, e sei sincera nel dirmi che lo farai per sempre!"
In quel preciso istante non riuscivo a capire tale l'affermazione. Lo sa, che motivo ha avuto di dubitare?
Poi un flash. Conoscendolo gli domando se non si trattava di un qualche rito, e di tutta risposta apprendo che se due fidanzati, passando sotto la Porta, restano in religioso silenzio il loro legame durerà in eterno!
Nel nostro caso ci voleva la torre per scoprirlo? delle volte è davvero sciocco!

Ci abbracciamo forte, fortissimo e per "festeggiare" cerchiamo un posticino per un boccone.
L'unica "trattoria" decente presenta un menù locale, con piatti a base di carne, paste in brodo e zuppe, invitanti dal profumo, da evitare per due che soffrono di colon irritabile. Meglio un cibo grasso, purché tollerato dal nostro intestino capriccioso. Ci guardiamo scoppiando a ridere...e se due ridono sguaiatamente nonostante i troppi problemi, significa davvero che son fatti l'uno per l'altra!
Decidiamo di pranzare con due gustosissime crepes alla nutella, annaffiate da un paio di intrugli alla frutta... ignari della poca conoscenza degli slovacchi sulle proporzioni.
Di li a poco siamo pronti a trangugiare 1 kg di crepes, 4 palle di gelato, 6 spruzzate di panna montata e 1 litro di drink alla fragola, limone e menta... ricordando che noi fisicamente valiamo quanto 1 persona e mezza!
Anzichè pedalare riprendiamo il giro rotolando, mentre il nostro sguardo si sofferma sugli edifici popolari appena fuori il centro storico. E' strano che, a differenza del nostro Paese in cui le palazzine fatiscenti siano per i meno abbienti, qui vengano considerate "di stampo comunista", quindi brutture. Stabilimenti grezzi, rovinati, uccisi nel carattere quanto i loro abitanti lo sono nello spirito, per colpa di un passato che si cerca di superare vivacizzando almeno in parte l'intonaco esterno.

La storia delle Slovacchia forse non è molto conosciuta, perciò ci riteniamo fortunati ad aver messo piede quì e di poter raccontare quello che i nostri occhi osservano.
Abbiamo, tuttavia, lasciato il meglio alla fine. La grande attrazione di Trencin, quella che i bambini considerano una scultura curiosa, gli adulti semplice fontana d'abbellimento e noi, avidi di leggende, una chicca imperdibile: il Vodnik o Vodyanoy.
La stramba creatura dalle fattezze umanoidi, ma l'animo mostruoso, è infatti un notturno demone d'acqua, vestito di verde. Con la sua pelle viscida e i capelli sudici, anch'essi verdastri, viene spesso raffigurato seduto sulle ruote dei mulini o sugli argini dei fiumi.
Si dice abbia il potere di trasformarsi in pesce, pur di attirare le vittime verso il suo mondo acquatico invogliando bambini, scapestrati e addirittura giovani fanciulle a gettarsi in acqua dopo la mezzanotte allo scopo di rubar loro l'anima per sopravvivere durante il giorno. Le anime raccolte in piccole ampolle di vetro, intasano tutt'ora i fondali dei fiumi, ovunque sia avvertita la sua presenza.
La fontana, oltre ad essere curata nei minimi dettagli, dagli abiti del personaggio ai piccoli anfibi dei fiumi, è formata da una schiera di tombini che ad intervalli casuali spruzzano e ricevono gli spruzzi emessi dalla bocca del Vodnik per dar vita a giochi d'acqua stratosferici.
Ci guardiamo scoppiando a ridere...e se due ridono sguaiatamente nonostante i problemi e la serietà della leggenda, significa davvero che sono nel posto giusto con la persona giusta!



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