Incontri a Zilina


"Era sabato martedi di pomeriggio, passeggiavo per la mia Zilina città, camminavo con l'occhio un po' fisso sbirciando i colori della realtà". Con questa strofa comincia una delle mie canzoni preferite all'interno del panorama musicale alternativo. A noi è bastato sostituire un paio di parole per riassumere in toto l'esperienza vissuta in quel di Zilina.

Zilina è la quinta città in ordine di grandezza della Slovacchia, sita nell'omonima regione e a detta di tutti una delle più vivaci. La città che, insomma, si sceglierebbe a occhi chiusi in caso di soggiorno.
Noi sfortunatamente ci abbiam dormito davvero, ma col senno di poi non lo rifaremmo.
Scialba, incolore, uggiosa e, nel nostro caso poco tranquilla, Zilina ci ha lasciato nulla se non qualche frammentario ricordo di gente fuori di testa.

Io e Mina ci troviamo in pieno centro, nella piazza Mariana che ospita la millesettecentesca colonna dedicata alla Vergine Maria, quando un perdigiorno ci si affianca in maniera discreta tendendo la mano. Non lo guardiamo manco di striscio nella speranza si allontani prima di subito, e sarà che la polizia gli cioncherebbe le braccine se lo beccassero o che non avesse tutto questo gran bisogno, non si dimostra insistente.
Sviando l'attenzione dei pochissimi abitanti intenti a far shopping, ci rifugiamo sotto i portici delle case anche per ripararci dalla pioggia che a quanto pare è diventata nostra fida compagna.
Dalle "laubne", ovvero le arcate, abbiamo un'ampia panoramica della medesima piazza in cui spicca il Municipio e la Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo, costruita dai gesuiti nel 1754 in stile barocco. L'adiacente orfanotrofio, durante il secondo conflitto mondiale, servì da rifugio a numerosi bambini destinati ai campi di concentramento.
Ci viene un flash intanto che osserviamo la disposizione delle case, ma soprattutto le facciate rinascimentali, pesantemente rimaneggiate, a punta, tali e quali alle dimore tedesche.
D'improvviso la Marianske Nàmestie si trasforma nella copia di Fussen in Baviera, con l'unica differenza che i numerosi cafè non sprigionano alcun profumo. Non sanno di brioche appena sfornate, né pane, e frutta fresca. Non sono le Konditorei.

I colori sbiaditi cercarono di ravvivare quel vuoto intorno senza riuscirvi.
Mentre scattiamo le solite foto di rito, Mina si accorge di una signora dai lunghi capelli rossi e ricci. Io sono di spalle, non la vedo, però avverto il rapido scatto della bicicletta. Al momento non so che succede, poi a debita distanza Mina mi dice di essersi allontanata dalla strana tizia perchè ci fissava con gli occhi fuori dalle orbite. Come in Italia, quindi. Ma vai a capire se anche in Slovacchia è la normalità o era la sciura ad essersi calata un funghetto!...

Ci muoviamo con fare frettoloso lungo le vecchie cantine gotiche, scendendo da un dolce declivio in selciato.
Adesso dovremmo essere al sicuro, pensiamo a voce alta, coprendo gli strilli di una terza donna.
Ancora? Ce ne rendiamo conto troppo tardi, ma di sicuro non è stato un grido isolato. Tra le abitazioni popolari continuano a riecheggiare i saluti in tutte le lingue del mondo di un'altra stramba signora in chiaro stato di trance. "Tanto gentile e tanto onesta pare, la donna mia, quand'ella altrui saluta" sussurrava Dante. Peccato che qui, la donna grazie a Dio non mia, sembra salutare il signor Nessuno.

La fantozziana situazione ci spinge ad esplorar l'altra piazza più importante di Zilina, l'Andrej Hlinka Nàmestie, nome del leader della nazione slovacca, paragonabile ad un quadro di Picasso.
L'enorme spazio a disposizione è infatti mal sfruttato, assiepando sulla sinistra tutti gli edifici più antichi e prestigiosi e sulla destra tutti i nuovi esercizi commerciali, con il nulla cosmico nel mezzo. Una tela priva di logica che va a gusti.
La muta fontana cantante è l'interesse principale prima di salire alla Cattedrale di S.Trinità a cui si accede solo tramite una scalinata. Il monumento, in origine gotico, sorge dove un tempo vi era un castello, ed ad affiancarlo dal 1530 vi è la Torre di Burian, alta 46 metri, modello dei campanili italiani.
E' brutto da ammettere, eppure Zilina è tutto qui.

Tentiamo di convincerci del contrario pedalando temerariamente nei quartieri limitrofi fino a scovare case davvero colorate. Alcune tinte d'un verde brillante, vivo e speranzoso che ci allarga il fiato.
- Finalmente -  aggiungiamo
- guardate che il centro storico è dall'altra parte - ci rimprovera una signora minuta dai capelli a caschetto - tornate indietro e girate a sinistra! -
Utilizza un inglese un po' maccheronico aiutandosi con i gesti.
Con aria contrita e smarrita annuiamo. Manco stessimo fotografando casa sua che dovremmo sentirci in colpa! Magari c'è un qualche divieto che non conosciamo, non so, ma è meglio seguire il suo consiglio.
Ritorniamo allora nella grande Andrej Hlinka Nàmestie, seduti a fissare la fontana, grigia quanto il cielo.
Io e Mina ci guardiamo, complici come sempre: - Che avventure ci tocca affrontare! -
A proposito, sapete come finisce la canzone citata all'inizio?
"Era sabato martedi di pomeriggio, non ricordo neppure la via, mi han poi detto che in quel pomeriggio di Zilina ho incontrato madama...democrazia! demopazzia!"



Commenti

  1. Riesci a descrivere bene anche le disavventure: COMPLIMENTI!!!

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    1. Credo sia giusto riportare la realtà proprio per come la si è vissuta. Ogni tipo di esperienza aiuta a crescere e ogni viaggio è un'avventura!

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